Il bilinguismo nei bambini è una condizione piuttosto comune nella nostra società. Sono infatti molti, oggigiorno, i bambini che si trovano a parlare 2 (o più) lingue, essendo nati in un Paese diverso da quello da dove provengono i loro genitori, a causa del trasferimento della famiglia in tenera età. Chi ha un figlio bilingue, spesso si pone delle domande su come comportarsi e viene assalito da numerosi dubbi. Ad esempio: “che lingua devo parlare io, genitore, con mio figlio?”. E ancora “Come imparerà a parlare, mio figlio che è bilingue rispetto ai suoi coetanei monolingui?”.
In questo articolo, la logopedista parla alle famiglie bilingue: facciamo il punto sul linguaggio, sulle difficoltà che il bilinguismo nei bambini può dare, sui miti da sfatare e sulla scuola bilingue.
Bilinguismo
Il fenomeno del bilinguismo è piuttosto diffuso. La situazione stimata, solo a livello europeo, è la seguente.
Più della metà dei cittadini europei è bilingue
Un quarto della popolazione europea è trilingue
Il 10% di coloro che vivono in Europa sa parlare 3 lingue, oltre alla propria lingua madre
Data la diffusione del fenomeno, appare quindi evidente la necessità di affrontare la questione, facendo un po’ di chiarezza e sfatando alcuni ‘miti’ a riguardo.
Quando un bambino è bilingue
Secondo Grosjean (2008), una persona può essere definita bilingue quando ricorre a due o più lingue (o anche dialetti) per comunicare ed esprimersi nella propria vita quotidiana.
Recentemente, gli studiosi tendono a porre maggiore enfasi sulla pratica regolare di due o più lingue, piuttosto che sul livello di padronanza e competenza. Infatti, nonostante si pensi spesso che il bilingue abbia una perfetta conoscenza di tutte le sue lingue di riferimento, in letteratura, appare ormai evidente che questa definizione della persona bilingue, intesa come “somma” di due o più monolingui, sia irrealistica e fallace.
Bilinguismo nei bambini
Nella teoria dello sviluppo linguistico, in particolare nell’ambito dell’età evolutiva, spesso si distingue fra 2 tipologie di bilinguismo.
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Bilinguismo simultaneo
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Bilinguismo consecutivo
Bilinguismo simultaneo
I bilingui simultanei sono i soggetti esposti all’uso di due, o più lingue, fin dalle fasi molto precoci del proprio sviluppo.
Bilinguismo consecutivo
Nel bilinguismo consecutivo, invece, la seconda lingua (L2) viene acquisita durante l’infanzia, ma in un momento successivo rispetto alla prima lingua, la cosiddetta “lingua madre” (L1). Indicativamente, l’apprendimento della seconda lingua, avviene nella fascia di età 3-7 anni.
Per esemplificare la questione, può essere considerato un bambino bilingue consecutivo un bambino di lingua madre (L1) hindi, che arriva in Italia a 4 anni, e che viene inserito nel percorso scolastico italiano. Lo stesso vale per un bambino di L1 francese che, pur essendo nato in Italia, viene esposto per la prima volta e in modo consistente all’italiano verso i 3 anni, con l’ingresso alla scuola dell’infanzia.
Bilinguismo bambini: gli elementi da considerare per lo sviluppo linguistico
Nello sviluppo linguistico, l’input linguistico è fondamentale. Affinché l’esposizione sia efficace, l’input linguistico dovrebbe essere caratterizzato dai seguenti elementi:
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quantità
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qualità
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ricchezza
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diversificazione
In pratica, per apprendere una lingua in maniera efficace e assumerne così una padronanza solida e fluida, il bambino dovrebbe essere esposto a una lingua per un certo periodo di tempo (stimato da alcuni studi per un minimo del 30% della propria giornata), in maniera costante, da parte di nativi o di persone competenti nella lingua in questione, e che possibilmente siano molteplici e diversificati.
Che lingua parlare in casa con un figlio bilingue?
Sulla base di quanto più sopra esposto, affrontiamo uno dei principali e più comuni dubbi che le famiglie trasferitesi in Italia si trovano ad affrontare.
“In casa e tra noi famigliari possiamo parlare la nostra lingua madre (arabo, spagnolo, hindi o altra lingua), oppure è meglio rinunciare alla nostra lingua madre (L1) per parlare al bambino solo in italiano?”
No, potete continuare a parlare nella vostra L1. Così facendo, è infatti più probabile che lo stimolo linguistico sia di buona qualità, dal momento che voi lo padroneggiate con maggiore sicurezza. Inoltre, è altrettanto importante tener conto degli aspetti culturali ed affettivi che vengono trasmessi dalla lingua parlata. Sarebbe un vero peccato non poter condividere il vostro mondo linguistico!
Il bambino bilingue ha uno sviluppo linguistico diverso?
La risposta è sì. Approfondiamo però la questione nel dettaglio per meglio spiegare il concetto. Per farlo, dobbiamo partire da un altro mito da sfatare, ovvero il pensiero comune secondo cui i bambini si “confondono” fra le diverse lingue. Ciò non è assolutamente vero. I bambini sono infatti in grado di distinguere le lingue di riferimento già in una fase estremamente precoce (alcuni studi mostrano reazioni diverse ai fonemi – ovvero i “suoni” – dei diversi sistemi linguistici da parte del feto nell’utero).
Può sicuramente essere possibile che un bimbo bilingue conosca meno parole, in termini quantitativi, rispetto ad un coetaneo bilingue in italiano; tuttavia, se si sommano le parole conosciute nelle varie lingue, tale differenza non appare più così tanto rilevante.
Per quanto poi riguarda le abilità grammaticali, si possono riscontrare interessanti fenomeni di influenza di una lingua sull’altra. In ogni caso, gli studi di maggior rilievo hanno di recente mostrato che i bilingui sono in grado di acquisire due o più strutture grammaticali nelle diverse lingue contemporaneamente. Ciò è vero anche per i bilingui consecutivi, purché abbiano avuto una esposizione sufficiente. È chiaro che, se un bimbo è appena entrato nella scuola dell’infanzia e fino a quel momento è stato esposto solo alla L1 in famiglia (es. cinese), necessiterà di qualche anno di frequenza costante dell’ambiente scolastico per poter sviluppare le proprie abilità in italiano.
I bambini bilingui possono avere disturbi di linguaggio?
Sì. In genere, si tratta di bambini in cui lo sviluppo del linguaggio presenta delle difficoltà o delle fatiche, spesso in entrambe le lingue. Per questo è importante una individuazione del problema piuttosto precoce per poter intervenire altrettanto precocemente.
Il bilinguismo causa un ritardo o disturbi di linguaggio?
Per rispondere a questa domanda piuttosto comune, sfatiamo un altro paio di miti.
Non è il bilinguismo a causare il disturbo di linguaggio. Difatti, le difficoltà dei bambini bilingui con Disturbo Primario di Linguaggio (DPL) sono del tutto paragonabili a quelle dei loro coetanei monolingui. Tali difficoltà non sembrano migliorare la propria evoluzione se la famiglia abbandona la propria lingua madre (L1). Pertanto, non è necessario che la famiglia abbandoni la lingua d’origine per parlare solo in italiano. Anzi, fare ciò potrebbe addirittura essere controproducente, in quanto potrebbe avere ripercussioni negative sul bambino e sulla famiglia stessa, dal punto di vista emotivo e di identità culturale.
Bilinguismo bambini: quali rischi
L’istruzione e l’alfabetizzazione in una lingua hanno il potere di influenzare profondamente e positivamente lo sviluppo linguistico. Per questo motivo, i bambini bilingui inseriti nel percorso scolastico italiano, possono acquisire perfettamente la lingua italiana, correndo invece il rischio di non sviluppare, o addirittura ridurre, le proprie competenze nella L1 familiare. Questo è vero soprattutto per quelle lingue cosiddette “ereditarie”, frutto cioè di percorsi di immigrazione che, nel Paese ospitante, vengono percepite come meno prestigiose di altre. Basti ad esempio pensare alla differente percezione che, in genere, si tende ad avere verso le persone bilingue francese/italiano, inglese/italiano o tedesco/italiano, cosiddetti “bilingui d’élite”, rispetto a un bilingue arabo/italiano o hindi/italiano.
I vantaggi del bilinguismo
Il bilinguismo ha anche dei vantaggi. Possedere una buona competenza in tutte le proprie lingue di riferimento, ha infatti risvolti positivi sulle abilità linguistiche in generale, sull’acquisizione della letto-scrittura e sul rendimento scolastico nel suo complesso.
Inoltre, s’è visto che le persone in grado di parlare fluentemente almeno due lingue, manifesterebbero maggiori capacità di flessibilità, empatia e apertura verso le novità.
Bilinguismo nel bambino: il ruolo della scuola e della famiglia
Abbiamo visto che il bilinguismo nei bambini porta dei vantaggi, così come anche dei rischi. In quest’ottica, la scuola può diventare il contesto adatto in cui creare un clima che valorizzi le lingue di minoranza, coinvolgendo gli studenti bilingui e stimolando la curiosità dei coetanei monolingui. L’obiettivo ideale sarebbe quello di prevedere percorsi, anche minimi, di alfabetizzazione nelle diverse lingue, oltre che in italiano, a supporto dello sviluppo ottimale di tutte le L1 presenti in un determinato contesto.
Ovviamente, si tratta di un traguardo difficile anche solo da immaginare.
Per questo, accanto alle attività che possono essere proposte dagli insegnanti, fondamentale è il ruolo della famiglia. Quest’ultima, deve anzitutto avere la consapevolezza che ogni lingua ha una grande importanza, pari a quelle di maggioranza. Inoltre, potrebbe promuovere pratiche di istruzione informale al suo interno, come ad esempio la lettura di libri (perlomeno per quelle lingue di origine che prevedono un codice scritto).
I bambini bilingui sono più a rischio di sviluppare un disturbo del linguaggio?
Tuo figlio è bilingue e vuoi sapere se esistono degli indicatori precoci che aiutano a distinguere fra bilingui che ancora stanno imparando l’italiano e quelli che invece sono a rischio di sviluppare un disturbo di linguaggio?
La risposta è Sì. E, in questo, è fondamentale il confronto con un logopedista esperto che, attraverso un colloquio dettagliato con la famiglia e un’eventuale valutazione con il bambino, può fornire indicazioni utili e il giusto supporto alla famiglia per facilitare lo sviluppo linguistico positivo del bambino.
Se hai il dubbio che tuo figlio abbia difficoltà di linguaggio, contatta lo Studio Sapsico di Piacenza. Chiamaci o compila l’apposito modulo dei contatti. Gli specialisti del team di Sapsico sono pronti ad accoglierti.
La nostra esperta:
Giovanna Simona Bettinelli
Psicologa e psicoterapeuta a orientamento cognitivo-neuropsicologico.
Lavoro con adulti e coppie, con sedute di sostegno psicologico e psicoterapia, supporto alla genitorialità. Formata nel trattamento delle fatiche dell’età evolutiva.
La nostra esperta:
Ada Sala
Psicologa e psicoterapeuta a orientamento sistemico-relazionale con esperienza nelle problematiche relazionali di adulti, delle coppie e delle famiglie.
Mi occupo, inoltre, di sostegno alla genitorialità, anche adottiva, e dei disturbi dell’età evolutiva.
La nostra esperta:
Silvia Marazzina
Psicologa dello sviluppo e dei processi educativi esperta in neuropsicologia clinica. Lavoro con bambini e adolescenti, con sedute di sostegno psicologico e potenziamento cognitivo-neuropsicologico. Formata nella valutazione e trattamento dei disturbi del neurosviluppo.
La nostra esperta:
Chiara D’Ambrosio
Logopedista dell’età evolutiva e adulta.
Mi occupo di prevenzione, valutazione, trattamento, potenziamento, educazione e rieducazione di tutte le patologie riguardanti la voce, la comunicazione, il linguaggio, gli apprendimenti, le funzioni orali e la deglutizione.
La nostra esperta:
Silvia Bonzo
Logopedista con formazione rivolta all’età evolutiva, adulta e al soggetto anziano.
I miei ambiti di intervento sono la prevenzione, valutazione e il trattamento dei disturbi relativi a comunicazione, linguaggio, apprendimenti, funzioni orali, deglutizione e voce.